Osho... ma chi é veramente?



Certo non è facile tentare di rispondere a una simile domanda nei riguardi di chi ha detto di scrivere, sul suo samadhi – il luogo dove sono raccolte le sue ceneri –

“Mai nato, mai morto, ha solo visitato questo pianeta Terra fra l’11 dicembre del 1931 e il 19 gennaio 1990”!


Di lui hanno detto e scritto di tutto: il più grande eretico, un ciarlatano, la più grande intelligenza nella storia dell’umanità, il più grande maestro Zen, un grande mistico… e così via. come il messia di questi tempi moderni. Come ‘il guru dalle 99 Rolls-Royce’ o come ‘il più grande buddha che mai abbia camminato sulla terra’...


È chiaro che non si tratta, a questo punto, di scegliere una definizione piuttosto che un’altra, Osho stesso spiega la sua contradditorietà:

‘Io sono coerentemente incoerente, questa è la mia coerenza. Ecco perché non posso definire me stesso: la definizione di oggi potrebbe non adattarsi più domani. Non mi posso definire, perché sarebbe come definire una nuvola, o un oceano, o un albero in crescita, o un bambino. Io cambio continuamente, perché il mutamento è l’anima stessa della vita. Fatta eccezione per il cambiamento, nulla è eterno. No, non mi potete etichettare: non sono un oggetto. Io sono un fiume, una nuvola che cambia continuamente la sua forma. La mia idea di consistenza è radicata in questo continuo mutare, in questa danza dinamica che ha nome vita...’


Ecco perché alla fine, dice sempre Osho, arriveremo a sapere veramente chi è lui solo quando avremo davvero scoperto chi siamo noi.

Osho:

IO NON SONO e non sto facendo niente, proprio niente. Ma qui (nell'asharam di Puna) sta accadendo qualcosa, sta accadendo qualcosa di incredibile – questa è un’altra storia, un accadimento che non è prodotto dal mio fare.

Io non sono.
Quando dico questo, intendo dire che in me non c’è alcuna personalità, nessuna persona, c’è solo una presenza. La presenza senza la persona sembra perlopiù un’assenza. È un’assenza. La persona è assente.
Io sono solo una canna di bambù cava, e se udite uscire da me una musica, allora deve provenire dal divino. Quella musica non è mia e non ha niente a che fare con me. Io non ci sono, sono totalmente scomparso; questa è l’illuminazione. È ciò che Atisha chiama bodhichitta.


Ma le cose stanno accadendo, accadono sempre. Ogni volta che una persona scompare e diventa una presenza, cominciano ad accaderle intorno cose immensamente valide. Entra in funzione una grande sincronicità. Coloro che sono abbastanza coraggiosi da avvicinarsi a una simile presenza, cominciano a cambiare, senza fatica, per pura grazia: cominciano a diventare esseri totalmente diversi solo rimanendo nel campo energetico del maestro.
Io non sto facendo niente, io non sono. Tuttavia mi vedi arrivare, andare, parlare… fare questo e quello. Per spiegarlo, ti racconto una storia.

Un regista sparge la voce che sta cercando un attore per interpretare il ruolo di Amleto, nella tragedia omonima di Shakespeare. L’attore deve essere alto più di un metro e ottanta, giovane, vigoroso e avere un’eccellente padronanza della lingua inglese.


Il giorno dell’audizione si presentano molti giovani, alti e belli, ma in mezzo a loro c’è anche un piccolo, vecchio ebreo, con un pesante accento yiddish. Il regista lo nota immediatamente e gli chiede: “E lei cosa vuole?”.
L’uomo risponde: “Foglio ezzere attore. Foglio fare Amleto!”
“È pazzo o mi prende in giro?” dice il regista. “Lei è alto meno di un metro e mezzo, e poi con l’accento che si ritrova… Che possibilità ha di avere la parte?”
Il piccolo ebreo insiste: “Foglio afere qvella parte. Mi tia un’opportunità.”


Alla fine il regista cede: “Salga sul palcoscenico e provi a interpretare Amleto”.
Il piccolo ebreo salta subito sul palcoscenico: sembra stranamente più alto e possente, e inizia a recitare con voce tonante e in perfetto inglese classico: “Essere o non essere…”
Al termine… nessuno fiata, sono tutti stupefatti. Il regista commenta: “È incredibile!”
Gli altri attori esclamano: “Meraviglioso!”
Il piccolo ebreo si limita a scrollare le spalle e dire: “Qvesta è zolo recita!”1


Sono un invito per tutti coloro che sono alla ricerca, e hanno nel loro cuore una profonda aspirazione, desiderano trovare la loro dimora.
Io sono una risposta alla domanda che ognuno di noi è, ma che non è in grado di formulare. Una domanda che assomiglia più a una ricerca che a un interrogativo. È più una sete che non una disquisizione verbale e mentale. Una sete che si sente in ogni cellula e in ogni fibra del proprio essere, ma che non si riesce a tradurre in parole, per formulare una domanda.


Io sono una risposta a quella domanda che non siete in grado di porre e che non vi potete aspettare venga risolta a parole. Quando dico che io sono la risposta, non intendo dire che io vi posso dare la risposta. Certo, se siete pronti, potete prenderla: io non sono altro che un pozzo a vostra disposizione, potete gettarvi il vostro secchio e prendere l’acqua che vi serve. Ne sono pieno, ma non vi posso raggiungere se non fate voi uno sforzo: solo voi potete arrivare fino a me.


È uno strano invito. Vi porterà a un pellegrinaggio interminabile che finirà solo dove già vi trovate. Dovrete camminare a lungo su sentieri infiniti, solo per giungere a voi stessi. Solo perché vi siete allontanati all’infinito da voi stessi. Avete completamente scordato la via del ritorno. Io sono un monito, un ricordo, della dimora perduta.
In quanto persona non esisto. Sembro solo essere una persona. Io esisto in quanto presenza. Il giorno in cui sono giunto a conoscere me stesso, la persona è scomparsa. Esiste solo una presenza... una presenza vitalissima che può dissetarvi, che può realizzare le vostre aspirazioni.
Per questo, in una parola, posso dire di essere un invito.
Lo sono, ovviamente, solo per coloro che hanno nel cuore una profonda aspirazione… uno stimolo profondo a trovare se stessi, sentono che ogni altra cosa, altrimenti, sarebbe priva di significato.


Lo sono solo se questo è il vostro interesse a priori, la vostra preoccupazione assoluta, al punto che siete pronti a rischiare tutto, ma non potete accantonare quella aspirazione.
Esistono migliaia di desideri, ma l’aspirazione è una sola: tornare a casa. Trovare la vostra realtà… e in quella rivelazione scoprite tutto ciò che ha valore: la beatitudine, la verità, l’estasi.
Gesù era solito dire: “Se avete occhi per vedere, guardate. Se avete orecchie per sentire, sentite”. Ovviamente non parlava a ciechi e a sordi. Parlava a persone come voi. Forse parlava a voi... poiché nessuno di voi è qui per la prima volta. Voi siete antichi come lo è l’intera esistenza. Siete sempre stati qui.


Forse avete incrociato molti maestri, forse vi siete avvicinati a un’infinità di buddha, ma eravate troppo occupati in cose triviali. Non eravate consapevoli della vostra aspirazione. Io sono uno sforzo per provocare colui che, dentro di voi, sta dormendo, di risvegliare il dormiente. Avete in voi un fuoco, ma è molto fioco, perché non ve ne siete mai curati. Il mio invito è rendervi una fiamma. E se non arriverete a conoscere una vita luminosa e intensa, tutto il vostro sapere è solo un inganno. Lo accumulate solo perché vi aiuti a scordare che vi manca la vera saggezza. Ma per quanto sappiate sull’altro, sul mondo degli oggetti, sul mondo; nulla potrà mai sostituire la vostra conoscenza del sé.


Conoscendo il vostro sé, all’improvviso ogni oscurità scompare, svanisce ogni separazione con l’esistenza.
Io sono un invito a fare un balzo coraggioso nell’oceano della vita, a perdere voi stessi... perché questa è l’unica via per arrivare a trovare il vostro essere. 2

BRANI DI OSHO TRATTI DA:
1. Il Libro della Consapevolezza, Edizioni del Cigno